Razza

Caratteristiche del Sacro di Birmania

Il Sacro di Birmania ha una morfologia speciale, tipica della razza che viene ben definita nel suo Standard. È un gatto di taglia media, dal corpo leggermente allungato con zampe corte e solide. La testa ha la fronte leggermente bombata, orecchie medie e ben distanziate. Le guance sono piene, il mento forte e il naso di media lunghezza, lievemente incurvato e senza stop. Gli occhi, leggermente ovali, sono di un blu intenso. Il mantello, semilungo o lungo nella gorgiera e in altre parti del corpo, ha una tessitura setosa, con scarso sottopelo. Caratteristica dei Birmani sono i guanti bianchi, che devono essere regolari e simmetrici.

Il colore del Birmano è determinato dalle tonalità che assumono le estremità, dette points. Da qui i nome colourpoint  (punte colorate). I points sono le parti più fredde del corpo: muso, orecchie, zampe, coda e nei maschi anche i genitali. Il resto del corpo invece, ha una tinta molto chiara che può variare dal color "guscio d'uovo" anche dorato, con una leggera sfumatura del colore del point al colore chiarissimo della magnolia.

Il carattere

A metà strada tra il siamese, di cui possiede le punte colorate (points) e il colore del corpo, e il persiano dal quale ha parzialmente ereditato la pelliccia, il Sacro di Birmania è un gatto socievole, equilibrato, dolce, vivace, affettuoso, che adora il contatto umano, molto fedele e legato al proprietario, con il quale instaura un legame unico e profondo. I suoi profondi e magnetici occhi blu, gli conferiscono uno sguardo intenso e molto espressivo, che non vi lascerà mai indifferenti. È un membro a tutti gli effetti della famiglia a cui si lega molto, mentre verso gli estranei, può mostrare interesse e curiosità oppure indifferenza. 

Il suo amore per il gioco, senza essere mai troppo esuberante, lo rende un compagno ideale per i bambini, di cui sarà un fidato amico, dolce e gentile. Il suo affetto, la sua fedeltà, senza mai essere invadente, fanno dei Birmani degli eccellenti compagni di vita anche per le persone anziane.

Questa razza non ama la solitudine, ed è consigliato non lasciarlo troppe ore da solo. Ne soffrirebbe; se siete assenti molte ore al giorno allora è bene affiancargli un compagno felino che possa fargli compagnia. Il Birmano è un gatto che gradisce la compagnia di altri animali domestici, ai quali si affeziona e convive pacificamente. 

La Leggenda

Ci sono molte versioni della leggenda che narra del Sacro di Birmania. Questa che riportiamo è la prima, estratta dall'opera di Marcel Reney, "Nos amis les chats" - I nostri amici gatti (Edizione Ch. Grasset, Ginevra, 1947) che a sua volta fa riferimento ad un articolo pubblicato dal veterinario Fernand Mery nel 1926 in Minerva, una rivista femminile (edita dal 1925 al 1938) con la quale collaborava. La leggenda gli era stata raccontata dalla scrittrice Marcelle Adam, segretaria del sindacato degli scrittori francesi.

«Molto tempo fa, in Birmania, nel monastero di Lao-Tsun, vivevano dei pacifici monaci chiamati Kittah, votati al culto della Dea Tsun-Kyanksé. Questa divinità dal corpo dorato e gli occhi color zaffiro era la Dea della trasmutazione delle anime, che aveva il potere di reincarnare i fedeli Kittah in un animale sacro dopo la loro morte, permettendogli così di rivivere la durata della loro esistenza terrena in veste animale prima di riprendere le loro sembianze in un corpo Aura, corpo della perfezione totale e santa dei sommi sacerdoti.»

«In questo tempio sacro, il più santo di tutti i monaci, il Kittah Mun-Hà, la cui barba d'oro gli era stata intrecciata dal Dio Song-Hio in persona, aveva come fedele compagno Sinh: un gatto bianco con gli occhi gialli. Quest'ultimo era a capo di altri 100 gatti sacri.»

«Ma un giorno la serenità di quel remoto luogo di meditazione, fu turbata dall'arrivo dei nemici Phoum che tentarono di penetrare nel tempio. In quel momento il Kittah Mun-Hà muore, accasciandosi ai piedi della statua della Dea Tsun-Kyanksé. Sinh, il suo fedele compagno, sale sul corpo senza vita del maestro e inizia a fissare gli occhi della Dea, come aveva visto fare così tante volte. Non nota la metamorfosi che lo trasforma mentre veglia sul corpo di Mun-Hà durante il viaggio della sua anima; il suo mantello diviene dorato come la pelle della Dea, le zampe, il muso, le orecchie e la sua coda maestosa assumono il colore della terra e diventano brune. La Dea dona a Sinh ciò che ha di più bello: i suoi occhi mutano in un blu zaffiro intenso e profondo. Solo i piedi di Sinh posati sul corpo del monaco, rimangono di un bianco candido, simbolo di purezza . Quando gli occhi del gatto si voltano verso il cancello sud, i Kittah, obbedendo a quello sguardo imperativo, carico di durezza e di luce, si precipitano a chiudere le pesanti porte di bronzo sui primi invasori. Il tempio fu così salvo dalla profanazione e dal saccheggio.»

«Dopo aver vegliato per una settimana sul corpo del suo maestro, senza mangiare né bere, Sinh muore a sua volta, portando al Dio Song-Hio l'anima di Mun-Hà, troppo perfetta ormai per la terra. Quando i monaci sopravvissuti al massacro si riunirono per eleggere il successore di Mun-Hà, tutti i gatti del monastero entrarono nella stanza. Tutti vestivano d'oro ed erano guantati di bianco, tutti avevano mutato in zaffiro profondo il giallo dei loro occhi. E tutti, in silenzio, circondarono il più giovane dei Kittahs, Ligoa, designato così dagli antichi avi, reincarnati per volontà della dea…»

«E ora – precisa la narratrice – quando muore un gatto sacro del tempio di Lao –Tsun è l'anima di un Kittah che riprende per sempre il suo posto nel paradiso di Song-Hio, il dio d'oro. Ma che la sfortuna ricada su colui che affretta la fine di uno di questi animali meravigliosi, anche se non l'ha voluto. Soffrirà i più crudeli tormenti fino a che non si acquieti l'anima in pena che ha turbato…»

 

Non è chiaro se questa bella leggenda, è davvero fondata sull'esistenza di questi gatti in un tempio indù, certo è che il maggiore Russel Gordon, un ufficiale di Sua Maestà Britannica, incaricato di proteggere i Kittah dalle invasioni, riferisce questo nelle sue note personali:

 «Il tempio di Lao-Tsun è incontestabilmente una delle meraviglie più singolari dell'India, che ben pochi mortali hanno potuto contemplare. È situato ad est del lago Incaougji, tra Mogaung e Shwebo, in una regione semi-desertica, circondato da una barriera di mura invalicabili. Colà vivevano ancora nel 1898 gli ultimi Kittah e mi fu permesso osservare alcuni di loro insieme ai loro animali sacri.
Dopo la ribellione e al tempo dell'occupazione inglese della base Bahmo, base molto isolata a causa della sua distanza da Mandalay, abbiamo dovuto proteggere i Kittah da un invasione dei Brahamini e li abbiamo salvati da un massacro e saccheggio certi. Il loro Lama il Kittah Yotag Rooh-Ougji, mi ha ricevuto e mi ha omaggiato di una placchetta che ritraeva il gatto Sacro di Birmania ai piedi di una strana divinità, i cui occhi erano fatti di due zaffiri allungati dopo avermi permesso di contemplare i loro gatti Sacri, che erano un centinaio.»

Stando a questo militare, la leggenda si accorda alla realtà...

La Storia

Si dice che il Birmano sia originario della Birmania occidentale; e certamente la presenza di gatti con marcature simili e’ stata registrata in documenti provenienti dall’antica Tailandia. Una storia afferma che una coppia di gatti fosse stata regalata ad un maggiore inglese chiamato Gordon Russell e al suo amico August Pavie dai sacerdoti della popolazione Khmer; un’altra che i gatti fossero stati acquistati da un americano di nome Vanderbilt da un servitore del tempio di Lao-Tsun dove i gatti erano tenuti come animali sacri.

Qualunque fosse stato il nome dei loro proprietari, molti storici sono d’accordo che i due gatti originali fossero stati inviati in Francia e che il maschio fosse morto durante il viaggio. La femmina, chiamata Sita, sarebbe stata incinta e avrebbe dato alla luce una gattina chiamata Poupee de Madalpour.

Esposizione di Parigi 1926, Poupee e Manon de Madalpour
Esposizione di Parigi 1926, Poupee e Manon de Madalpour

Nel 1925 é stato registrato senza ombra di dubbio che la Federation Feline FranSais riconobbe il Sacro di Birmania come una razza da campionato. Una fotografia scattata nel 1930 mostra il maschio del giorno chiamato Dieu d'Arakan che divenne il modello per la razza. Era di proprietá di M. Baudoin- Crevoisier, molto conosciuto come allevatore di birmani a quel tempo. Piu’ tardi Dieu d'Arakan fu venduto alla principessa Ratibor-Hohenlohe insieme ad altri 6 birmani e, successivamente lei li lasciò in testamento al Duca D’Aosta. Infine la loro proprietá fu trasferita alla Contessa Giriode Panissera e la loro discendenza divenne famosa in tutto il mondo. Durante la guerra M. Baudoin- Crevoisier riuscì a mantenere alcuni gatti interi. Il suo campione maschio Orlaff de Kaabaa e la sua femmina Xenia de Kaabaa divennero i gatti fondatori della razza.

Nel 1950 il Birmano venne ribattezzato Gatto Sacro di Birmania e nel 1966 ci fu il riconoscimento ufficiale della razza.

 

Le foto qui pubblicate sono tratte da "The Secrets of the Sacred Cat of Burma book"